La cartella verde acido

Quella dannata cartella verde acido mi perseguita da giorni. Ho provato grossolanamente a sotterrarla sotto un montagna di codici, libretti, riviste giuridiche  e una quantità innumerevole di scartoffie varie, tutto quello che banalmente ci si aspetta di scorgere sulla scrivania di una giurista, insieme all’immancabile agenda personale, fedele compagna di giornate scandite da scadenze e soprattutto da ansie da “esordiente del foro”.

Ma niente da fare. Questo maledetto rettangolo di acido, continua a perseguitarmi, sembra essere refrattario persino al peso del diritto. Per un attimo ho l’istinto di buttarlo via nel primo cestino del giardinetto pubblico, senza nemmeno aspettare la raccolta differenziata porta porta, perché la sua materia mi sembra totalmente irrecuperabile, anzi no, vorrei  proprio scioglierlo nell’acido, come se non fosse mai esistito.

Sto vaneggiando, mi bruciano gli occhi. Prima ancora che io possa passare al contrattacco, il rettangolo verde acido mi sta corrodendo poco alla volta e non sembra lasciarmi via d’uscita. Cerco di riprendere fiato, d’un tratto afferro la mia shopper alla ricerca disperata delle mie gocce di valeriana pura che spero di rintracciare agevolmente a primo colpo. Figuriamoci. Il primo tentativo è andato a vuoto, la pesca miracolosa nei meandri della mia borsa ha voluto portare a galla la scheda valutativa del mio primo “più che buono” ricorso al Tar . La scritta in grassetto “argomentazione e ragionamento logico molto buono” adesso suona quasi beffarda, io che in questo momento vorrei solo non capire ed avere l’illusione di azzerare il mio pensiero con l’ausilio di una boccetta omeopatica. Il secondo tentativo invece, pesca il mio nuovo rossetto idratante, solo qualche settima fa pensavo fosse assolutamente indispensabile rifornire la mia beauty collection di un lipstick color corallo intenso, un classico must have dell’estate. Santo cielo, non trovo le mie gocce. Il terzo tentativo riporta alla luce un biglietto del cinema di un film d’essai francese in lingua originale, per un nanosecondo mi viene quasi da sorridere, sino a poco tempo fa, quasi mi risentivo se qualcuno mi dava dell’intellettualoide radical chic di sinistra, che stupida.

Eccole, finalmente le ho trovate. Butto giù tutto in un baleno. Riprendo fiato, è arrivato il momento di aprire la dannata cartella verde acido, non posso più tirarmi indietro. “Analisi ematiche paziente: F. S. , 68 anni”; “Ecografia”; “Tac con e senza mezzo di contrasto”, freccette, asterischi, dischetti, referti medici incomprensibili che sembrano voler dire tutto e niente ma che ai comuni mortali, suonano terribilmente come un oscuro presagio. Ma cosa c’entra mio papà con tutti questi numeri indecifrabili e immagini oscure? Lui è lì sul divano a leggere i suoi Diabolik, dopo l’ennesima giornata trascorsa nel suo laboratorio nonostante la sua agognata pensione, dopo quasi 40 anni di onorata carriera da artigiano.

Devo assolutamente fare qualcosa per strapparlo da questo marasma verde acido. Devo concentrarmi, devo sezionare con bisturi chirurgico questa dannata cartella, devo fare “copia e incolla”, devo scannerizzare, devo cercare di comprendere, devo confrontare, devo analizzare, devo prendere contezza. Ho finito. Che Fatica immane rapportarsi anche solo da lontano con questo verde acido. Ma no, non è finita.  Apro la mia casella di posta elettronica, scorro su e giù compulsivamente. Finalmente eccola, l’email di un policlinico del nord: “Gentile Sig.ra S. , le chiediamo cortesemente di allegarci tutti i referti in suo possesso. A presto.” Riprendo ancora una volta fiato, devo portare a termine l’ultima immane fatica della giornata. Allego ed invio, per oggi ho finito.  Ormai è notte fonda, mio papà è già al settimo sonno e domani come di consuetudine ritornerà alla sua routine da artigiano instancabile. Io invece stanca e sfinita, mi lascio andare alla poesia di Faber, forse è più efficace di cinque gocce di valeriana pura.

“Ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dormeMa se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano…

Perché domani sarà un giorno lungo e senza parolePerché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole”