“La vasca del Führer” : Serena Dandini

L’estate scorsa decisi di leggere ” la vasca del Führer”, semplicemente perché attratta ed incuriosita dal titolo. In realtà credo sia giunto il momento di condividere una della mie “consuetudini letterarie”, quando mi capita di avere uno di quei momenti di “blocco del lettore”, preferisco rientrare nella mia comfort zone e spesso scelgo di leggere romanzi ambientati durante la seconda guerra mondiale. La mia “passione” per questo periodo storico probabilmente me la porto dietro dall’età di 15 anni, da quando la professoressa di lettere del liceo, per le vacanze estive, ci diede da leggere quella che poi sarebbe diventata una delle mie letture del cuore, “il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino. Da allora, lo ammetto, appena posso cerco di fare intercetta di libri ambientati durante questo periodo, perché nella mia “pila della vergogna” (ossia la mia personale colonna infinita di libri ancora da leggere) non devono mai mancare. Proprio per le ragioni di cui sopra, forse un po’ ingannata dal titolo, questo libro è entrato a far parte, di diritto, delle letture della mia comfort zone. Se non fosse che, quello che credevo essere un semplice romanzo è in realtà una meticolosa e appassionante ricostruzione della vita di Lee Miller, personalità straordinaria del 900′, modella, fotografa e reporter che ha sfidato costantemente sia i propri limiti, sia quelli dell’epoca in cui ha vissuto.

Con rispetto e ammirazione, Serena Dandini presenta in quest’opera una donna, nonostante tutto, poco conosciuta, ripercorrendo gli avventurosi eventi di una vita davvero poco ordinaria: da quando era una ragazzina di provincia inquieta e determinata a sognare in grande, al suo fortunato incontro a New York con uno dei nomi più influenti dell’editoria americana che fece di lei la modella più amata di Vogue America, ai suoi viaggi a Parigi e poi al Cairo, dove si trasferì per essere la moglie infelice di un miliardario egiziano. Elisabeth Miller, di fatto, è riuscita a vivere mille vite diverse, assolutamente incapace di accontentarsi di un ruolo predefinito, di una vita sedentaria, e proprio per questo, ha presto deciso di passare dall’altro lato della macchina fotografica diventando artista di indiscusso talento. La sua vita è stata una costante esplorazione che l’ha portata a non trovare pace, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, sfide e nuove  identità.

L’incontro con Roland Penrose nel bel mezzo della seconda guerra mondiale segna una nuova determinante tappa nella sua vita, Lee desidera dare il suo contributo e con la sua solita determinazione riesce a raggiungere le prime linee del fronte diventando reporter e fotografa di guerra. Questa esperienza segnerà per sempre la sua anima e l’accompagnerà fino ai suoi ultimi giorni. L’esaltazione che ha provato durante i drammatici mesi trascorsi a documentare le tragedie della guerra, la lascia svuotata, esausta e preda di una depressione e di un disturbo da stress post traumatico. Negli ultimi decenni di vita, incapace ancora una volta ad adattarsi ad una vita ordinaria di moglie e di madre, finirà col cambiare radicalmente carattere ed aspetto, nascondendo il suo passato di modella e fotografa persino al figlio, che ne verrà a conoscenza grazie al ritrovamento della grande mole di foto nascoste in soffitta, dopo la morte di lei.

Sono rimasta profondamente attratta dal profilo di questa donna così audace e fuori dagli schemi. Essere donne e rivendicare la propria identità non è mai stato semplice, figuriamoci ai tempi di Lee Miller, eppure questa donna con coraggio e un pizzico di incoscienza, non solo è riuscita  a farsi strada in un ambiente prettamente maschile (come quello dei fotografi e reporter di guerra) ma soprattutto ha scelto “chi essere” anche a costo di perdersi e poi di ritrovarsi in una nuova veste, senza mai rinunciare alla sua libertà. Anche quando nei suoi ultimi anni di vita, apparentemente sembra subire passivamente il suo nuovo posto nel mondo che la vita le ha riservato, in realtà è sempre lei a decidere ad essere l’artefice del proprio destino. Leggendo la storia di Lee Miller si ha quasi il complesso di non vivere abbastanza, di non avere la forza di non tirarsi indietro e di scegliere la propria vita masticando ad ogni metro.

La foto evocata dal titolo, che la ritrae nella vasca del Führer mentre lava via dal suo corpo il fango del campo di concentramento di Dachau, i cui orrori ha fotografato subito dopo la liberazione, ha ben poco a che fare con l’immagine di copertina, e per questo vi consiglio di andarla a cercare sul web. Se come me non conoscevate questa donna straordinaria, resterete sicuramente stupiti nel constatare che in realtà conoscevate  molti dei suoi scatti potentissimi e letteralmente passati alla storia.

 

«È possibile per una donna rimanere “un genio libero” e “uno spirito dell’aria” senza pagare nessuna conseguenza?».