“Le piccole libertà”: Lorenza Gentile

Oliva è una giovane donna di trent’anni anni come tante, abbastanza anonima e con una vita altrettanto scialba dove è tutto così “meravigliosamente” e al tempo stesso così “fastidiosamente” ordinario. Oliva ha infatti un rassicurante lavoro in azienda dove ha il compito di escogitare i più bizzarri espedienti pur di vendere fiumi di barrette proteiche, proprio lei che ironia della sorte, è da sempre ossessionata dalla estenuante ricerca della “dieta magica” , unica papabile alleata contro il suo odiatissimo “fisico a pera”, sta per sposare Bernardo, il ragazzo perfetto che tutti i genitori vorrebbero come compagno delle proprie figlie, giovane avvocato rampante, medio borghese al punto giusto, uno di quei ragazzi con i pantaloni sempre rigorosamente abbinati con la camicia che profuma di acqua di Giò. La sua esistenza refrattaria a qualsiasi imprevisto o scherzo del destino, sembra dunque procedere come da copione già scritto, uniche sbavature di questa routine monocromatica, la sua passione segreta per gli snack orientali e l’abitudine di imitare Rossella O’Hara in una delle scene cruciali di “Via col vento” quando nessuno la vede.

Talvolta tuttavia, in barba a qualsiasi ordine prestabilito, il destino presenta il proprio conto sparigliando tutte le carte in tavola. Così all’improvviso, dopo anni di silenzio, la vecchia e bizzarra zia Vivienne oramai parigina d’adozione, fa irruzione nella vita di Oliva inviandole un biglietto per Parigi, dove l’aspetta nell’iconica libreria “Shakespeare and company” per parlare di questioni urgenti. Oliva si sente molto legata a Vivienne, nonostante i ricordi che la legano a lei siano stati sbiaditi dal tempo, perché in fondo in cuor suo sogna di vivere una vita fuori da ogni schema proprio come quella della cara zia, ribellandosi finalmente alla passività con cui si arrende mansuetamente al suo senso del dovere e soprattutto a tutte le aspettative che gli altri nutrono ciecamente nei suoi confronti.

Ma Vivienne rimanendo fedele alla sua imprevedibilità, non si presenta a nessun appuntamento con la nipote, trascinandosi dietro un alone di mistero, Oliva però decide di non si arrendersi ed è determinata ad incontrare ad ogni costo la zia, anche se questo significherà essere accolta dall’eccentrica comunità della “Shakespeare and company“, una delle librerie storiche di Parigi sulla Rive Gauche, che negli anni venti divenne luogo di incontro per grandi scrittori come Ezra Pound e Ernest Hemingway. Insieme ai suoi nuovi e sgangherati compagni di avventura, tra un bicchiere di vino da sorseggiare sulla Senna in compagnia di un clochard filosofo e il sogno di rincorrere un fenicottero rosa dopo aver avuto le mani in pasta in una pasticceria parigina, Oliva si ritrova finalmente fuori dalla sua stagnante comfort zone e realizza che un nuovo e personale modo di stare al mondo è davvero possibile, anche se queste nuove consapevolezze, come spesso accade, comportano uno scotto da pagare e il venir meno di tutte le certezze su cui si reggono le nostre illusorie sicurezze. La contropartita però il più delle volte non ha prezzo, perché quando la conquista di tante piccole libertà finiscono per farne una grande, rinunciarci diventa quasi impossibile.

“… ci sono piccole libertà che ci cambiano per sempre, Oliva,” mi dice poi, guardandomi con dolcezza, “perché tante piccole libertà ne fanno una grande”.